venerdì 8 marzo 2013

Tranquilli, i mercati sono tranquilli

Questa mattina sulla radio del Sole 24 Ore ho ascoltato un commentatore constatare, con un certo compiacimento, che, nonostante la situazione politica post-elezioni in Italia sia nel caos più totale e che la prospettiva di un Governo limitato all'ordinaria amministrazione sia al momento indefinita in termini temporali, i mercati finanziari appaiono tranquilli, quasi disinteressati, e lo spread tra i tassi dei bonds italiani e tedeschi si mantenga a livelli non di emergenza.


Questa mi sembra una non-notizia. Non vedo cosa ci sia da stupirsi se i mercati finanziari sono tranquilli sino a quando c'è un governo debole. Secondo il mio punto di vista, i mercati finanziari, caso mai, temono i governi forti, non i governi deboli. I governi forti, se prendono iniziative, le prendono contro i mercati finanziari. Un governo che vuole fare qualcosa a favore dei mercati finanziari deve limitarsi a non fare niente, ma questo è in grado di farlo anche, anzi ancora meglio, un governo debole.

Chi si preoccupa del livello di occupazione in una fase di recessione ha più motivo di preoccuparsi per un governo debole. Qui non funziona allo stesso modo. O almeno non nel breve periodo. Certo, il governo potrebbe limitarsi a ridurre il livello di controllo sull'attività economica e magari le tasse, in modo che la compressione del costo del lavoro complessivo reindirizzi in modo positivo la compressione dei consumi nel senso dell'aumento delle esportazioni sui mercati esterni e degli investimenti sul mercato interno, in modo da arrivare, nel tempo, a maggiore occupazione rispetto al punto di partenza.

Ma chi non ha lavoro oggi ha bisogno di una risposta subito, non in tempi misurabili in ere geologiche e con qualche guerra sociale di mezzo. Per questo sarebbe più tranquillo con un governo forte (con i forti, non con i deboli), almeno ci sarebbe una certa percentuale di possibilità di cambiamento.

Per questo il fatto che i mercati finanziari sianto tranquilli mi sembra una ben magra consolazione. A meno di pensare che quello che conti sia l'economia finanziaria mentre l'economia reale sia un retaggio del passato da dimenticare al più presto.

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