La nota flash di Agosto del Ministero del Lavoro ha messo in luce come, nel mese di luglio 2015, il numero dei contratti di lavoro a tempo indeterminato ha visto un incremento netto di 47 unità a livello nazionale (nuovi contratti meno cessazioni) .
Dietro questo dato, però, si nasconde uno spostamento di dimensioni più considerevoli, dell'ordine del migliaio di unità, a favore degli occupati maschi e a sfavore delle occupate femmine con contratto di lavoro a tempo indeterminato.
Dietro questo dato, però, si nasconde uno spostamento di dimensioni più considerevoli, dell'ordine del migliaio di unità, a favore degli occupati maschi e a sfavore delle occupate femmine con contratto di lavoro a tempo indeterminato.
Un mese sicuramente non è un lasso di tempo significativo per trarre conclusioni, e si tratta comunque di scarti di valore assoluto ridotto.
Occorrerà aspettare i dati dei prossimi mesi per vedere se siamo in presenza di una tendenza ed eventualmente per studiarne cause e conseguenze.
La cosa che mi lascia perplesso, peraltro, è che, nella stessa nota il Ministero dichiara che: "Nel mese di luglio 2015 sono state 27.328 le trasformazioni di rapporti di lavoro a tempo determinato in rapporti a tempo indeterminato" e che "le trasformazioni estratte dal sistema vengono contabilizzate a parte pertanto non rappresentano un di cui delle attivazioni ma vanno aggiunte alle attivazioni a tempo indeterminato".
Il Ministero, quindi, non ritiene di dover comunicare il dato delle trasformazioni diviso per sesso del lavoratore (o non è in grado di farlo), e questo diminuisce sicuramente la significatività di qualsiasi ipotesi fatta sull'effetto delle variazioni del numero di contratti di lavoro a tempo indeterminato sulla situazione in tema di parità di genere.
Mentre apprezzo la modalità neutra e priva di intenti propagandistici con cui il Ministero ha fornito questi dati, non posso che rincrescermi per questa lacuna informativa.